Ancona, 28 febbraio 1997: inizia qui la nostra storia. |
Andrea sta tornando a casa per l’ora di cena. |
Ha 16 anni, un lavoro da meccanico e una grande passione per il calcio, sponda Milan. Viaggia in sella alla sua moto, di ritorno da una lezione di scuola guida. Non ha fretta, non è in ritardo; guida sicuro tra le vie conosciute della città, seguendo il consueto percorso di tutti i giorni. |
Semplice, una cosa da un attimo. |
Eppure sarà quell’attimo a cambiargli la vita: all’improvviso sbuca un’automobile che non rispetta un segnale di precedenza, va a scontrarsi con la moto e Andrea viene scaraventato sul marciapiede a lato della strada. |
L’impatto è violentissimo, il casco e la tempestività dei soccorsi evitano il peggio, ma quando arriva all’ospedale regionale delle Torrette, Andrea è già in coma. |
Andrea insieme ad Ambrosini (giocatore del Milan) con la Coppa Campioni vinta dal Milan nel 2006 |
Trauma cranico da incidente stradale: un caso emblematico per tanti ragazzi tra i 15 e i 34 anni, la grande piaga dei giovani di questa generazione. |
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Andrea è immobile, disteso su un lettino, con gli occhi chiusi, ancora vivo ma come immerso in un sonno profondo. Viene trasferito all’ospedale “Umberto I” di Ancona, dove rimane circa un mese, successivamente viene portato all’istituto di riabilitazione S. Stefano, a Porto Potenza Picena, una struttura all’avanguardia nel campo dell’assistenza e del recupero dei soggetti traumatizzati. |
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Il tempo passa senza grandi novità; malgrado le terapie e la vicinanza della famiglia, Andrea non dà segnali di risveglio. La svolta però arriva cinque mesi dopo: il padre, Alfio, convinto da un collega di lavoro, scrive una lettera al presidente del Milan, Silvio Berlusconi, chiedendogli di registrare una cassetta audio con la voce dei giocatori rossoneri, di cui il figlio è grande tifoso. |
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Berlusconi fa di più: incide personalmente un discorso di 15 minuti in cui esorta Andrea a svegliarsi dal coma, a tornare alla vita di prima, a riabbracciare i suoi affetti più cari. Il messaggio va dritto al cuore e coglie nel segno: dopo pochi giorni Andrea riapre di nuovo gli occhi. |
Difficile dire quanto abbia influito la voce di Berlusconi, o piuttosto l’efficacia della terapia, o la vicinanza dei familiari. La notizia però finisce su tutti i giornali e fa il giro del Paese. Reportage, interviste, passaggi in televisione: per giorni non si parla d’altro. |
Ma quando si spengono le luci e si attenua il clamore, la famiglia si ritrova sola e deve fare i conti con la dura realtà. Perché la fine del coma non è sinonimo di immediato ritorno alla vita “normale”, bensì il primo passo di un percorso a ostacoli tortuoso, una lunga rincorsa verso una esistenza che assomigli alla “normalità”. E così l’entusiasmo del dopo-risveglio lascia presto il posto a una dura presa di coscienza. La strada per il recupero è insidiosa e senza garanzie di riuscita. Risvegliarsi è un po’ come nascere una seconda volta: si torna ad essere bambini e bisogna imparare di nuovo a mangiare, camminare, parlare. |
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Solo che
Andrea ormai è maggiorenne, i genitori hanno qualche
anno in più e molte energie in meno. Ricominciare da
capo non è semplice; anzi, può essere l’inizio di un
calvario, fatto di ore insonni e spostamenti quotidiani
da Ancona a Porto Potenza Picena. Il padre Alfio si
divide tra il lavoro di guardia giurata e l’assistenza
al figlio. L’istituto S.Stefano diventa la sua seconda
casa. La sua vita
viene stravolta, riadattata a nuovi orari, a nuove esigenze.
Andrea viene seguito passo passo, non è autonomo nei
movimenti e ha bisogno di aiuto per ogni piccola azione
quotidiana: alzarsi dal letto, vestirsi, mangiare, andare in
bagno. |
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Può mangiare solo
omogeneizzati, fa fatica a parlare, ha le gambe bloccate per
un principio di calcificazione. |
Andrea però non si sente ancora pronto per affrontare la vita di tutti i giorni. |
Il contatto con le altre persone lo mette a disagio, si
sente osservato e giudicato, gli pesa anche solo camminare
in mezzo alla gente, in una piazza aperta come in un
supermercato affollato. |
Andrea viene invitato a Milano dal presidente Berlusconi, visita il centro sportivo di Milanello (il quartier generale della squadra), incontra i giocatori rossoneri, conosce da vicino i suoi beniamini: Kakà, Maldini, Inzaghi e Ambrosini. |
Entra nella tribuna vip dello stadio Meazza, tocca con mano la Coppa dei Campioni vinta dal Milan nella finale del 2006 contro il Liverpool. E la gioia di quei momenti lo aiuta a superare le paure quotidiane. |
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Oggi Andrea ha una vita quasi normale: ha ricominciato a parlare, cammina in maniera autonoma, fa progressi giorno dopo giorno. | |
Ha ripreso anche gli studi: ha superato un corso di
informatica per magazziniere all’istituto tecnico
industriale delle Torrette, frequenta un laboratorio
di mestieri ad Ancona dove prende lezioni di teatro
e impara a fare piccoli lavori artigianali. |
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Andrea e Alfio Carloni |
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A 10 anni da quel drammatico incidente, la vita è
tornata a sorridergli. |
Le città
sono dei percorsi ad ostacoli, con marciapiedi
altissimi, barriere architettoniche, rampe per salire ma
non per scendere. |
Assurdo, e ingiusto. |
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Oltre all’assistenza ospedaliera e al rientro in famiglia, servono strutture per favorire il reinserimento sociale. Alfio, il padre di Andrea, si sta battendo proprio per questo. |
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Il suo grande sogno è di aprire un centro diurno ad Ancona, con piscina, strutture per lo sport e il tempo libero, laboratori per attività di studio e lavoro. Un luogo in cui svolgere attività di informazione e sensibilizzazione sul tema, di formazione di volontari qualificati per aiutare chi si trova in condizioni di difficoltà, per contrapporre alla prassi dell’abbandono una cultura della cura. |
Un modo per offrire un sostegno
concreto alle famiglie, e una vera chance di riscatto ai loro
figli. |
Alfio ha bisogno anche del nostro aiuto, non lasciamolo solo. |
Diego Gallina Fiorini |
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ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA TRAUMATIZZATI CRANICI “Andrea” ODV |
www.associazioneandrea.org |
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