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IL FATTO

 

Andrea sta tornando a casa per l’ora di cena.
Ha 16 anni, un lavoro da meccanico e una grande passione per il calcio, sponda Milan. Viaggia in sella alla sua moto, di ritorno da una lezione di scuola guida. Non ha fretta, non è in ritardo; guida sicuro tra le vie conosciute della città, seguendo il consueto percorso di tutti i giorni.
Semplice, una cosa da un attimo.
Eppure sarà quell’attimo a cambiargli la vita: all’improvviso sbuca un’automobile che non rispetta un segnale di precedenza, va a scontrarsi con la moto e Andrea viene scaraventato sul marciapiede a lato della strada.
L’impatto è violentissimo, il casco e la tempestività dei soccorsi evitano il peggio, ma quando arriva all’ospedale regionale delle Torrette, Andrea è già in coma.
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IL BUIO, LA SPERANZA


Tante cure ed attenzioni, un padre, Alfio, che con tutta la famiglia non lo lascia un attimo e che non disdegna mai di sperare in un risveglio che invece si allontana sempre più. Nonostante l’impegno dei sanitari e dei familiari. Trascorrono cinque mesi. Cinque interminabili, lunghissimi, mesi durante i quali il ragazzo non dà alcun segno di ripresa. Un amico consiglia Alfio, tra le tante, di provare con il figlio anche l’audio-terapia ovvero l’ascolto di suoni, parole e musiche familiari al fine di invogliare il ritorno alla vita dal coma. Ed Alfio, di professione guardia giurata, ricordando la grande passione di Andrea per il Milan non si perde d’animo e scrive a Silvio Berlusconi chiedendo al presidente rossonero un nastro con l’incisione dei saluti degli idoli di Milanello, Baresi, Maldini, Costacurta.
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IL MIRACOLO DI BERLUSCONI

 

Qui a Milanello c’è uno scenario bellissimo, ci sono gli alberi, tanti alberi, tanti fiori, gialli, rossi, sono veramente belli e profumano, perché, Andrea, è primavera. Io lo so che tu hai sentito dolore, che hai sofferto, che il tuo corpo ha sofferto e forse per questo hai paura e non vuoi tornare, ma tu devi essere coraggioso, devi avere coraggio. Tu lo sai>>, continua Berlusconi, <<che anche altre persone, tra cui anche un nostro giocatore, Lentini, hanno avuto degli incidenti e per questi incidenti hanno perso per un po’ di tempo la capacita’ di vedere, di sentire, di capire, di parlare, poi hanno messo in gioco la loro volontà, hanno ripreso conoscenza e hanno recuperato interamente tutta la loro sensibilità, e ora sono in grado di vedere attraverso i loro occhi, di sentire con le loro orecchie, di sentire gli odori, di toccare le persone, di toccare le cose con le loro mani.

Se ci sono riusciti gli altri, puoi farlo anche tu, Andrea. Se tu lo vuoi, se tu lo desideri, io aspetto una risposta. Mi raccomando>>. Ed Andrea rispose. Un giorno, dopo innumerevoli riavvolgimenti del nastro, il giovane anconetano aprì gli occhi. Riconobbe. Pian piano rispose. E dopo lunghe, lunghissime, cure lasciò l’ospedale e non mancò, ovviamente, dopo che si fu ristabilito, di recarsi a Milanello dove conobbe i suoi idoli ed il Cavaliere. Che era stato precedentemente inflessibile con Alfio: la notizia del risveglio del figlio il Cavaliere. Che era stato precedentemente inflessibile con Alfio: la notizia del risveglio del figlio non avrebbe dovuto essere rivelata alla stampa se non dopo le elezioni amministrative che si stavano svolgendo proprio nei giorni del <<miracolo>>. Nessun sciacallaggio politico della vicenda, aveva chiesto il leader di Forza Italia. E così era avvenuto.
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La visita della "primavera" del Milan   -   Tutta la Primavera   -   Il Risveglio   -   Bruno Vespa, Porta a Porta


LA RIABILITAZIONE


Difficile dire quanto abbia influito la voce di Berlusconi, o piuttosto l’efficacia della terapia, o la vicinanza dei familiari. La notizia però finisce su tutti i giornali e fa il giro del Paese. Reportage, interviste, passaggi in televisione: per giorni non si parla d’altro.
Ma quando si spengono le luci e si attenua il clamore, la famiglia si ritrova sola e deve fare i conti con la dura realtà. Perché la fine del coma non è sinonimo di immediato ritorno alla vita “normale”, bensì il primo passo di un percorso a ostacoli tortuoso, una lunga rincorsa verso una esistenza che assomigli alla “normalità”. E così l’entusiasmo del dopo-risveglio lascia presto il posto a una dura presa di coscienza. La strada per il recupero è insidiosa e senza garanzie di riuscita. Risvegliarsi è un po’ come nascere una seconda volta: si torna ad essere bambini e bisogna imparare di nuovo a mangiare, camminare, parlare.
Solo che Andrea ormai è maggiorenne, i genitori hanno qualche anno in più e molte energie in meno. Ricominciare da capo non è semplice; anzi, può essere l’inizio di un calvario, fatto di ore insonni e spostamenti quotidiani da Ancona a Porto Potenza Picena. Il padre Alfio si divide tra il lavoro di guardia giurata e l’assistenza al figlio. L’istituto S.Stefano diventa la sua seconda casa. La sua vita viene stravolta, riadattata a nuovi orari, a nuove esigenze. Andrea viene seguito passo passo, non è autonomo nei movimenti e ha bisogno di aiuto per ogni piccola azione quotidiana: alzarsi dal letto, vestirsi, mangiare, andare in bagno.
I primi tempi sono i più duri. Può mangiare solo omogeneizzati, fa fatica a parlare, ha le gambe bloccate per un principio di calcificazione. Fa ore di fisioterapia ogni giorno, ma ogni esercizio – anche il più semplice – gli procura dolori lancinanti.

 

Poi con il tempo la situazione migliora: comincia a muoversi in carrozzina, dopo un anno passa alle stampelle, quindi al tripiede. Andrea però non si sente ancora pronto per affrontare la vita di tutti i giorni.
Articolo di Diego Gallina Fiorini - Leggi

Bentornato a casa  


L'EPILOGO


A 10 anni da quel drammatico incidente, la vita è tornata a sorridergli.
Ma non tutti i problemi si sono risolti. La vita di un traumatizzato cranico non è semplice, e a volte siamo anche noi a renderla più difficile. Le città sono dei percorsi ad ostacoli, con marciapiedi altissimi, barriere architettoniche, rampe per salire ma non per scendere. Gli ostacoli più grandi, però, stanno sempre nella nostra testa, ed è l’indifferenza il vero male da combattere. Le istituzioni sono lontane, le strutture di accoglienza troppo poche, e chi non ha la fortuna di avere una famiglia alle spalle - come l’ha avuta Andrea - finisce in un istituto, con pochissime speranze di riprendere una vita normale.
Assurdo, e ingiusto.
Perché basterebbe poco per migliorare le cose: occasioni di incontro, di socialità, di conversazione. Oltre all’assistenza ospedaliera e al rientro in famiglia, servono strutture per favorire il reinserimento sociale. Alfio, il padre di Andrea, si sta battendo proprio per questo.
Il suo grande sogno è di aprire un centro diurno ad Ancona, con piscina, strutture per lo sport e il tempo libero, laboratori per attività di studio e lavoro. Un luogo in cui svolgere attività di informazione e sensibilizzazione sul tema, di formazione di volontari qualificati per aiutare chi si trova in condizioni di difficoltà, per contrapporre alla prassi dell’abbandono una cultura della cura. Un modo per offrire un sostegno concreto alle famiglie, e una vera chance di riscatto ai loro figli. Il progetto, sulla carta, è già pronto, mancano solo i fondi per farlo partire.
Alfio ha bisogno anche del nostro aiuto, non lasciamolo solo.
Articolo di Diego Gallina Fiorini - Leggi


ASSOCIAZIONE MARCHIGIANA TRAUMATIZZATI CRANICI “Andrea” ODV
www.associazioneandrea.org
info@associazioneandrea.org - info@pec.associazioneandrea.org
Cell. Presidente 333 3403189 - Segreteria 328 3031920
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